Scopriamo le carni… La selvaggina

A completamento del nostro E-Book (scaricabile online gratuitamente), vi presentiamo alcune informazioni per conoscere meglio le varie tipologie di carni, in particolare quelle cosiddette “scure”.

Le carni scure o nere denominate così per il colore rosso-bruno, più scuro rispettò alle carni di animali di allevamento, sono invece quelle di selvaggina e cioè animali commestibili, ma che vivono allo stato brado e che sono oggetto di caccia.
Generalmente si suole dividere la selvaggina da pelo (es. cinghiale, cervo, capriolo, daino, lepre, coniglio selvatico, lontra, volpe) dalla selvaggina da penna (fagiani, pernici, beccacce, tordi, allodole, quaglie e anatre selvatiche). La selvaggina rappresenta un piatto d’eccezione sulla nostra mensa per la stagionalità del prodotto (legato alla stagione della caccia), per la sua scarsità (si tratta di animali che vivono allo stato libero) e per il costo elevato.
Per un’adeguata frollatura si consiglia di tenere l’animale sventrato appeso per le zampe, in un ambiente ventilato e fresco. È meglio non conservare la selvaggina in frigorifero finché non è stata spiumata e scuoiata; nelle piume e nei peli infatti possono essere presenti parassiti che inquinano gli altri alimenti.
Dal punto di vista nutrizionale questo tipo di carne è simile a quella degli altri animali. La quantità di proteine presente è paragonabile alla carne di pollo e vitello, e in alcuni casi anche superiore a quello delle altre carni. Luogo comune è pensare che la quantità di grassi contenuta in questa carne sia elevato, ma in realtà se si esclude alcuni casi come l’anatra, ciò non è vero. Infatti il contenuto in grassi della selvaggina si aggira mediamente tra il 2% e il 4%, ben al di sotto del tasso del 30-40% dei salumi, della carne di manzo e di montone, delle uova e di diversi formaggi. D’altronde gli animali selvatici, sia uccelli che mammiferi, fanno molto più movimento dei loro cugini domestici, allevati intensivamente. Gli innumerevoli chilometri percorsi dai volatili migratori richiedono apparati muscolari (cioè carni) ben sviluppati, ben ossigenati, e non appesantiti dal grasso. Elevato è invece la quantità di grassi usati in cucina per rendere più morbide, e quindi più facilmente digeribili, le carni degli animali selvatici. Per tale motivo è sconsigliato il consumo di questa carne a chi è in sovrappeso o obeso.
Elevato è inoltre il contenuto in composti organici (urea, carnitina, creatinina, anserina e carnosina) che rende in assoluto vietato il consumo da parte di soggetti affetti da iperuricemia e gotta.

Selvaggina a piuma
E’ più tenera e quindi più digeribile rispetto alla selvaggina a pelo; tuttavia la tenerezza e la sapidità delle carni variano in relazione alla specie, al sesso, all’età, all’ambiente climatico, all’epoca della cattura e all’alimentazione.
Allodola – Insieme al tordo e ad altri piccoli volatili viene utilizzata per preparare la famosa “schiodinata” in cui ogni esemplare, infilzato sopra un’asta metallica, viene rosolato a fuoco lento. Non necessita di frollatura.
Anatra selvatica – Più gustosa dell’anatra domestica, si distingue per la forma più snella e per le zampe più lucide e sottili. Gli animali giovani danno carni più tenere e si riconoscono per il becco flessibile, le scaglie delle zampe brillanti e la pelle granulosa di colore bianco-giallo. Va sottoposta ad una settimana di frollatura.
Beccaccia – Uccello migratore, passa due volte sul nostro paese, in autunno e nel tardo febbraio. È meglio acquistarla in autunno perché le sue carni sono più profumate e delicate. Gli animali giovani, riconoscibili per il colore brillante delle squame che rivestono le zampe, hanno carni più pregiate. Il periodo di frollatura necessario è di 5-6 giorni.
Fagiano – Possiede la carne più tenera e digeribile di tutta la selvaggina, insieme alla quaglia. In genere la femmina è più pregiata per la maggior tenerezza delle carni. Gli esemplari di bosco o di montagna forniscono carni più saporite di quelli di pianura. Le carni più tenere e delicate sono comunque quelle dei fagiani giovani, che si riconoscono dal becco flessibile e dall’aspetto della prima penna dell’ala che deve essere appuntita. Il maschio si differenzia dalla femmina perché ha lo sperone più acuto. Come buona parte della selvaggina, il fagiano necessita di un periodo di frollatura più prolungato rispetto alle altre carni (circa 6 giorni).
Pernice – Delle due principali varietà, rossa e grigia, la seconda é più pregiata, gli esemplari giovani forniscono carni più tenere e si riconoscono per le estremità delle ali con piume appuntite e per il colore chiaro delle zampe. Richiede 3-4 giorni di frollatura.
Quaglia – Come il fagiano è facilmente digeribile; ha carni bianche, tenere e gustose. Il periodo migliore per l’acquisto è il mese di ottobre. Non richiede frollatura.
Tordo – Possiede carni molto delicate. Il periodo più indicato per l’acquisto è l’autunno, quando si ciba di uva o l’inverno quando si nutre di bacche di ginepri che conferiscono alle carni un particolare aroma. Non richiede frollatura.

Selvaggina a pelo
La selvaggina a pelo fornisce carni più consistenti e dure, pertanto necessita oltre a un prolungato periodo di frollatura (5-6 giorni per il capriolo, 8-9 giorni per il cinghiale, 2-3 giorni per la lepre), di un successivo periodo di marinatura (fino a 48 ore) per migliorare la tenerezza delle carni e per eliminare il sapore di selvatico. Per la caccia di alcuni di questi animali vi sono molte limitazioni ed è quindi difficile reperirli in commercio freschi; si possono invece trovare dei tagli (costate, fesa, cosciotto) surgelati.

Cinghiale – La carne di cinghiale è molto gradita poiché unisce il sapore della carne suina a quella della cacciagione. Mentre in passato si poteva gustare solo in ristoranti situati in zone di montagna, oggi tale carne è possibile anche ritrovarla fresca nei banchi frigo dei supermercati o nella forma stagionata sotto forma di salume. La carne del cinghiale è piuttosto magra e ricca di proteine.

Lepre – È la specie maggiormente consumata tra la selvaggina a pelo. L’animale giovane di circa 1 anno e del peso di 2-3 kg fornisce le carni più tenere; si riconosce per la presenza di una rosetta di peli bianchi sulla regione frontale (scompare verso il secondo anno d’età) e dalle unghie poco prominenti.

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I contenuti sono a cura della dott.ssa Nicoletta Paolillo.

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