Il vino, una ricetta antica… e le rose!

Questi giorni di pioggia ci hanno spalancato le porte dell’autunno…noi di Idee con Gusto celebriamo ottobre dedicandolo al vino e al suo vastissimo mondo: un mondo che nasce già dagli albori della civiltà.

Nell’antichità i caratteri organolettici del vino (sapore, colore, gradazione alcolica), dovevano essere più forti e decisi rispetto ad oggi, innanzitutto per evitare o rallentare la fermentazione aerobica acetica e poi perché sulle tavole di Greci e Romani, il vino veniva sempre “annacquato” del 50% anche del 70%. Per conferire un maggiore e più caratteristico aroma, il vino era a volte conservato in recipienti cosparsi di resina di conifere (ancora oggi in Grecia si beve il “Retsina”); altre volte  veniva addizionato con miele o erbe aromatiche che ne aumentassero anche il tempo di conservazione. Insomma, in età antica, il vino era senz’altro meno buono rispetto a quello dei nostri giorni, soprattutto quello derivato da terze e quarte pigiature, e anche facilmente deperibile: per questo in ogni ricettario antico veniva indicata  una preparazione per “speziare” il vino e per far sì che durasse più a lungo, ma soprattutto che avesse un sapore migliore! E’ proprio su questa antica bevanda che vorrei porre l’attenzione, lasciandovene una ricetta.

Parlare di vino nell’antichità potrebbe richiedere davvero fiumi di parole! Basta osservare la storia dell’arte, che è punteggiata da coppe, crateri, brindisi: è per questo che oggi voglio raccontarvi solo la storia del vino rosso Ippograsso.

Questo vino dolce e aromatico, vero antenato del nostro Vin Brulè, ha una storia molto antica che parte dai Greci, attraversa l’età romana e arriva fino ai conventi e alle abbazie medioevali: i monaci infatti salvarono la grande tradizione vinicola mediterranea quando le invasioni barbariche distrussero l’Impero Romano.

Nel trattato di medicina “Regimen Sanitatis Salernitanum” il vino rosso era sempre presente per le sue qualità antiossidanti, e si pensava anche che rinfrancasse lo spirito. In medicina il vino veniva considerato un elemento caldo e umido, ed è per questo che veniva consigliato all’anziano che è “freddo e secco” (oggi il vino, il cosiddetto “latte dei vecchi” di una volta, non viene più ritenuto tale e se ne consiglia alle persone anziane una mezza dose… come dire due dita a pranzo e a cena).

Il nome “Ippograsso” sembra trovare la sua origine nel nome di Ippocrate, padre della medicina, e infatti pare che fosse utilizzato come corroborante e, caldo, come diaforetico ai pazienti e ai degenti; ma il suo sapore, particolarmente gradevole, ne fece in seguito una bevanda ideale da usare come aperitivo o come digestivo a fine pasto. Si narra in particolare che Machiavelli fosse un grande estimatore di questo vino “conciato”, all’uso antico, con aromi, miele o zucchero e poi bevuto così oppure scaldato.

Tali usanze si perpetuarono attraverso il Rinascimento, quando l’Ippograsso veniva servito ai fini di una buona digestione, in seguito ai lussuosi banchetti delle corti d’Europa, già abbondantemente innaffiati di vini bianchi e rossi in abbinamento al menù… sempre attenzione a non mostrarsi ebbri perché è in quest’epoca che si codifica il galateo: bere con moderazione pur non rifiutando mai un brindisi. Del resto si credeva che bere a piccoli sorsi, anche se per tutta la durata del pasto, non rendesse ubriachi. I trattati sulla salute incoraggiano il consumo di vino ma.. “Si fugga a beuer vino a diggiuno, perchè turba l’intelletto…”, come si legge nel Tesoro della Sanità, trattato di medicina e scienza alimentare del XVI secolo scritto da Castore Durante.

Per ricreare questa bevanda antica, da servire ben calda nelle prime serate fredde che ci attendono, esistono infinite varianti di ricette e moltissime sono anche in rete: occorre scaldare 150-200 g. di miele fino a quando non diventa molto liquido e mescolarlo con un litro di buon vino rosso, aggiungere le spezie e lasciare in infusione per circa un’ora: per una preparazione di base provate con 12 bacche di cardamomo, 2 gr. di cannella, 2 gr. di chiodi di garofano, pezzetti di scorza di 1 arancia. Occorre poi filtrare il vino.

Volevo lasciarvi però anche una ricetta che è una piccola promessa “primaverile”, con qualcosa di ancora più raffinato ed elegante tratto dal ricettario romano di Apicio, De re coquinaria (I sec. d.C.): il vino alle rose! Un vino di sicuro impatto…e molto romantico! Scrive Apicio: prendete 3 rose (ovviamente non trattate); staccatene i petali e infilateli in una gugliata di filo; immergete questa corona di petali in un litro di vino rosso e lasciateli a macerare per 7 giorni. Questa operazione va ripetuta altre due volte: in tutto occorreranno circa 9/10 rose. Tolta l’ultima corona di petali, come per l’Ippograsso, scaldate due cucchiai di miele e aggiungeteli al vino.

Un brindisi e… Buon inizio d’autunno a tutti!

A cura dell’archeologa Nadia Barone 

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