Nutrire l’impero: l’alimentazione dell’antichità all’Ara Pacis

In un’afosa domenica di agosto, noi di Idee con Gusto siamo andati a visitare la mostra “Nutrire l’Impero”, allestita in occasione dell’Expo di Milano. La mostra propone il tema dell’alimentazione e dei suoi risvolti socio-economici dell’Expo, solo trasponendolo a duemila anni di distanza da noi. La cosa più stupefacente, la prima che ci colpisce entrando nella mostra, è la constatazione che nell’impero romano l’approvvigionamento delle risorse alimentari presentava le stesse problematiche di oggi: Roma aveva infatti un milione di abitanti, Antiochia e Alessandria mezzo milione, un numero enorme in un’era in cui la popolazione mondiale non doveva superare i 50-60 milioni. Come succede oggi, forse in maniera ancora più urgente, allora era impossibile soddisfare le necessità alimentari di queste metropoli soltanto con i prodotti delle campagne circostanti.

La risposta a questo problema della struttura statale più organizzata dell’Antichità fu una politica di approvvigionamento degli alimenti di base della dieta romana basata sulla globalizzazione dei consumi, chiamata annona …eh già, la storia ha davvero un andamento ciclico, non trovate?

Tra i cibi di base della dieta antica, distribuiti gratuitamente agli strati più deboli della società, la mostra espone anzitutto il grano nord-africano, che partiva dai porti di Cartagine, in Egitto. A Roma il grano veniva trasformato in farina e poi in pane, all’interno di un sistema che non conosceva la piccola produzione artigianale: si trattava infatti di una produzione di tipo imprenditoriale che accentrava tutte le fasi, dalla macinatura dei chicchi di grano alla cottura delle forme di pane, che venivano poi distribuite nelle botteghe della città. Qualcuno di voi forse saprà che il monumento funebre di travertino bianco nella piazza di Porta Maggiore appartiene al “panettiere” Eurisace… ed è evidente che il buon Eurisace, per potersi permettere un simile mausoleo familiare, dovette appartenere a questa fascia di grandi imprenditori “del pane”, che lo rendono più simile al proprietario della “Barilla” che a quello del panificio sottocasa!

Poi c’è anche l’olio d’oliva, consumato in quantità enormi non solo come ingrediente della dieta, ma anche nelle preparazioni cosmetiche e in quelle farmaceutiche, e inoltre nell’illuminazione… L’olio era proveniente dalla Spagna prima ma poi, dopo l’elezione dell’imperatore Settimio Severo che era di origine nord africana, vennero favorite le produzioni olearie del Nord Africa (…ma va?). Verso la fine dell’impero, anche il vino cominciò a essere distribuito a prezzi calmierati, dal momento che era una delle voci principali delle “entrate” caloriche in quel tempo. Il vino distribuito alla massa popolare proveniva da più parti del Mediterraneo (Gallia, Grecia); i più raffinati però erano quelli italiani, soprattutto quelli liguri, consumati solo dai ricchi. Questo è un altro punto di contatto tra “ieri” e oggi: accanto alla globalizzazione del consumo di massa rimanevano dei prodotti di eccellenza, per lo più di origine italiana (il cosiddetto “Km 0”?), che finivano però solo sulle tavole dei ricchi . C’era quindi anche allora una certa attenzione all’eccellenza che solo i ricchi potevano permettersi, insomma, come avviene ancora oggi.

Tutto questo in città; cosa accadeva invece in campagna? I Romani nei periodi più antichi prima, e quelli che abitavano nelle zone periferiche poi, erano praticamente vegetariani, tanto che Plauto li chiama nei suoi scritti “i mangiatori d’erbe”. Pecore e capre erano allevati più per il latte e il formaggio che per la carne, i buoi servivano soprattutto per tirare l’aratro: solo la pesca e la caccia di piccoli animali e volatili, liberi giuridicamente, servivano a integrare il fabbisogno proteico. Ma tale passione per ortaggi, insalate e frutta non dovette estinguersi successivamente, né evitare di toccare gli strati più alti della società. Tra gli aneddoti raccontati nei pannelli della mostra, ce n’è uno in cui pare che l’imperatore Tiberio fosse ghiottissimo di cetrioli, come scrive Plinio il Vecchio: “cucumis, mira voluptate Tiberio principi expetitus, nullo quippe non die contigit ei” (il cetriolo, ricercato con incredibile desiderio dall’imperatore Tiberio, non ne passò un solo giorno senza).

Ma anche il tanto vituperato imperatore Nerone tentò di riformare i fast food dell’epoca, le popinae o thermopolia, alle quali si rivolgeva la maggior parte della popolazione, proibendo l’uso smodato di frattaglie e interiora, saporitissimi e a basso prezzo, a favore di verdura e legumi.

Mondo di ieri e mondo di oggi che si incontrano, si guardano allo specchio e si somigliano un pò…meditate, gente, meditate!

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